3 giu 2010

Energeticamente autosufficiente?

Lo leggo ormai su tutti i giornali tutti i giorni e lo sentirei anche alla televisione se non vi avessi rinunciato nel 2006: “Energeticamente autosufficiente”.
È la nuova frontiera, l’aspirazione a cui tutte le persone che possono dirsi civili e intellettualmente preparate aspirano.
Ho giusto letto l’articolo di quella coppia di svedesi che si sono costruiti una casa tappezzata di pannelli solari, l’hanno coibentata con un materiale assolutamente innovativo, hanno usato vetri speciali fatti con bottiglie riciclate e non so quante altre cose, hanno persino un gatto a risparmi energetico, perché contribuisce a riscaldare con i suoi 20w al giorno. Una cosa/casa fantastica. Non hanno pensato all’eolico; ma forse in Svezia non c’è molto vento o forse gli organi meccanici potrebbero avere problemi con le basse temperature.
Eppure qualcosa in tutto questo non torna nella mia mente e se faccio una valutazione anche con quello che accade in Italia, continuo a credere che qualcosa non funzioni.
Anche io vorrei fare di casa mia un’entità autosufficiente energicamente: ci ho provato l’anno scorso con un orto biologico e tecnologico, per essere autosufficiente almeno alimentarmente. A parte l’ingente costo per l’acqua e per la struttura, le verdure che ne ho ottenuto sono state anche di qualità migliore rispetto a quelle comperate senz’altro più fresche e ho potuto vantarmene con i miei amici fanatici di bio-qualcosa: ho quindi in parte ho raggiunto il mio scopo.
Cosa non funzionava nel mio impianto orticolo? I costi di investimento e il costo per il mantenimento idrico dei vegetali! Se aggiungiamo poi il costo per la manodopera di un professionista (almeno in teoria) progettista, coach che vi si dedicava e quello delle delicate e rapaci mani della mia compagna che estirpavano con cura tutte le erbe infestanti, ecco che il prezzo degli ortaggi avrebbe potuto diventare irraggiungibile. Per fortuna essendo quasi senza lavoro la mia manodopera poteva venire prezzolata per valore zero come no ndi rado accade oggi anche ad altri: quindi posso escluderne il costo dal prezzo finale degli adorati ortaggi e rendere più vantaggioso il rapporto energetico del mio orto bio-qualcosa.

La casa

Ma se torniamo al progetto della casa autosufficiente, possiamo fare una serie di valutazioni che partono dai termini di realizzazione pratica, per muoverci via via attraverso i vari meandri di ciò che noi siamo indotti a credere che sia l’”Energo Perpetuum”, la casa che sola sopravvivrà al diluvio prossimo venturo o alla prossima guerra totale.
Partiamo da un’idea molto semplice: quanto costa?
Ok non è il prezzo quello che conta perché l’energia che si risparmia è importante. Allora il costo del manufatto - la casa a consumo energetico zero – è il giusto scotto da pagare all’efficienza tecnologica ed energetica per essere “Green”. Ma consideriamo che quando qualcosa ha un costo elevato, significa semplicemente che per la sua produzione, installazione manutenzione, garanzia, trasporto, studio di fattibilità, progettazione, realizzazione del manufatto, degli impianti di produzione, dello stabilimento, delle navi che lo hanno trasportato, dei camion che ce lo hanno portato, del corso di aggiornamento dell’installatore, della navigazione su Internet, dei nostri spostamenti per trovare la soluzione giusta, del tempo impiegato e delle calorie di cibo che abbiamo mangiato nel frattempo, hanno richiesto energia. Curiosamente possiamo valutare il costo di tale energia approssimativamente come il 75-80% o forse più del valore del manufatto stesso. Il resto è il margine economico utile di chi ce lo ha venduto e che verrà speso dai produttori della realizzazione per mangiare, per vestirsi, per muoversi, per viaggiare per comprare un’auto lussuosa con cui mostrare di essere persone di successo, etc. e cioè per spendere energia: in giusta quantità, quanto sarà il valore che potranno spendere, cioè quel 15-20% di utile sul nostro acquisto.
Ora, torniamo a bomba sul nostro problema. Se andiamo vagando qui e là per internet, possiamo trovare i piani economici di investimento con il tempo di break-even o ROI. Udite, udite: il ROI (Return Of Investment) teorico è di circa 10 anni!
Se per istallare un impianto che risparmia energia spendo una cifra che ammortizzerò in dieci anni, significa che ho immesso energia nel mio processo di produzione dell’energia ad un costo di partenza pari a dieci anni di energia stessa, distribuita in altre forme, ma comunque immessa.
Se poi facciamo bene i conti e andiamo a veder quei siti che parlano del piano economico e del ROI, scopriamo che gli investimenti sono fatti sulla resa teorica con manufatto nuovo. Ma, come ben sappiamo, tutte le opere dell’Uomo sono soggette a decadimento e quindi il ROI sarà più lungo se non addirittura eterno.
Se facciamo inoltre una considerazione che in una crisi economica come l’attuale, immobilizzare un capitale per avere un ROI di dieci anni (e già in molto lo abbiamo immobilizzato per venti con l’acquisto di case che non producono reddito ma solo benessere) è una follia, anzi di più: un crimine economico!
Se fossimo un’azienda seria e chiedessimo un prestito, non esisterebbe nessun ente creditizio che ci finanzierebbe un progetto industriale con un ROI di oltre tre o max. quattro anni. Perché noi invece ci adentriamo in un progetto a ROI 10 anni?
Allora ci possiamo accorgere che fare questo tipo di investimenti, oggi, con la necessità che c’è di disporre di liquidità per fare riprendere il mercato, siamo dei suicidi, che si vogliamo male e che non sappiamo come organizzare né pensare il nostro futuro.
Ma allora perché tutto questo interesse dei media e dello stato per le energie rinnovabili?
È una domanda che mi sono posto qualche tempo fa, ma me la sono posta assieme ad un’altra, perché il fotovoltaico Sì e l’eolico per molto tempo No; anzi tuttora, se ci sono scandali, essi riguardano l’eolico e non il fotovoltaico.
Beh, vi sembrerà strano ma l’unica risposta che mi sono saputo dare è questa, per costruire un impianto fotovoltaico occorrono tecnologie molto complesse e tali tecnologie sono sicuramente appannaggio solo di poche decine di aziende, in genere multinazionali. L’eolico invece può essere costruito anche da un cantinaro evoluto, come ce ne sono tanti.

Volete dire che ritorniamo al solito problema?

Cosa ci può essere dietro

Osserviamo la cosa con uno sguardo più esterno e più strategico:
Per quanto riguarda il finanziamento da parte dei governi ci sono molte considerazioni da fare, alcune dal mio punto di vista valide, altre invece criticabili oppure opinabili, eccone alcune.
Partiamo da una semplice considerazione: il fotovoltaico e in generale la diffusione capillare dei sistemi energetici autonomi sul territorio è un modo con cui i governi centrali ridistribuiscono e restituiscono il problema dell’energia ai propri cittadini, riducendo la necessità di costruire sistemi centralizzati di produzione dell'energia che stanno diventando sempre più difficili da organizzare, finanziare e fare digerire come presenza sul territorio di chi lo deve ricevere (vale il famoso detto: “Yes I want it, but not in my backyard”), oltre a considerare che in Italia non è minimamente possibile pensare di progettare una grande opera che richieda più tempo della vita di uno o due governi: il successivo la smantellerebbe per questioni idio..logiche.
Dall’altra la riduzione della dipendenza dal petrolio è un fattore di libertà importante, ma che dobbiamo avere presente come elemento di costo: la libertà ha un costo!
C’è il fattore immobilizzo di capitale privato a favore di un‘industria e di un capitalismo pesante e questo è un fattore di cui tenere conto: vale la pena distogliere liquidità dal mercato per non produrre? D’altro canto le alternative centralizzate, come il nucleare sono incredibilmente impopolari, soprattutto in Italia.
Vorrei che fosse fatta da molti una riflessione proprio sulla questione del nucleare: forse in pochi si ricordano che tra i fondatori dei Verdi in Italia c’è stato Felice IPPOLITO, che tutti hanno rapidamente messo da parte e poi dimenticato per ciò che ha significato come animatore del CNEN nella prima parte della sua vita pubblica e per ciò che ha patito nella seconda parte sia da parte dei suoi nemici (vedi Wiki) e sia da parte di quelli che lui credeva essere i suoi alleati, sempre per la sua posizione filo-nucleare. Orbene Ippolito, anche ai tempi dei Verdi, era un fautore del nucleare e quando ci fu il referendum, lui si schierò a favore; curiosamente era l’unico esperto di nucleare tra i Verdi, l’unico che pur imbracciando un ideale di un mondo pulito, non avesse chiesto come vittima sacrificale la disponibilità dell’energia a costi contenuti derivante dal nucleare come hanno fatto gli altri suoi compagni: venne ovviamente messo subito in minoranza! EDF remercie!

Giusto per gli ambientalisti, per ritornare ad un punto già accennato:
In questo momento siamo sicuri di sapere quali tecnologie vengono usate per la produzione dei pannelli fotovoltaici, quant’è il contenuto energetico di ogni singola cella, quanta elettricità cioè è stata impiegata per la produzione dei cristalli e dei singoli pannelli? Qual è il vero costo energetico di questa tecnologia così amata e quanto comporta in termini ambientali? Le aziende che producono i pannelli fotovoltaici magari sono in nazioni dove il controllo sull’impatto ambientale non è così stretto come da noi. E poi quant'è la vita media di una cella e qual'è il declino del fattore di efficienza?

E per finire: perché se si fa una ricerca in Internet sull’eolico questo ha un impatto sull’opinione di molto inferiore a quello del fotovoltaico?
Forse per la questione degli uccelli migratori?

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